Irap dei medici di base resta ancora appesa al verdetto delle sezioni unite della Cassazione.
A seguito del contrasto giurisprudenziale registrato degli ultimi anni, non è possibile stabilire univocamente se il medico di famiglia che si avvale di una segretaria possiede quella «autonoma organizzazione» che costituisce il presupposto del tributo. A ribadirlo è stato ieri il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta, rispondendo presso la commissione finanze della camera a un’interrogazione presentata da Sebastiano Barbanti (Alternativa libera). Il contenzioso va avanti ormai da molti anni. Con la circolare n. 28/E del 2010 l’Agenzia delle entrate ha affermato che la disponibilità di uno studio attrezzato non può essere considerata indice di autonoma organizzazione, poiché le attrezzature detenute (in base ai parametri della convenzione con il Ssn) «rientrano nel minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività». Tuttavia, secondo il fisco, il presupposto impositivo si configura ogni volta che il medico dispone di elementi ulteriori rispetto allo standard convenzionale, «tra cui si ritiene vadano ragionevolmente ricompresi anche terzi collaboratori»,ricorda Baretta. Dello stesso avviso è stata la Cassazione, almeno fino all’anno 2012 (si vedano le sentenze nn. 12108/2009 e 8556/2011, che hanno affermato la legittimità del tributo anche in presenza di una segretaria part time). Successivamente, però, la suprema corte ha cambiato registro, già con le pronunce nn. 22020 e 22022 del 2013. Orientamento poi ribaditonella sentenza n. 958/2014. «L’assenza di un indirizzo giurisprudenziale univoco è stata rilevata dalle stesse sezioni tributarie della Cassazione», prosegue il sottosegretario, «che nel mese di marzo 2015, preso atto dei contrastanti orientamenti venutisi a creare, hanno interessato il primo presidente per l’eventuale rimessione alle sezioni unite»
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