Il particolare rapporto di convenzionamento non consente l’esclusione dei MMG dagli studi di settore secondo il TAR Lazio I medici di medicina generale sono soggetti agli studi di settore, questo è quanto sostiene la sentenza 9339 depositata il 3 settembre scorso della III sezione del Tar del Lazio con la quale è stato respinto il ricorso con cui la Federazione Italiana dei Medici di medina Generale (FIMMG) chiedeva l’esclusione. Alla luce di tale particolare forma contrattuale che contraddistingue la nostra categoria la Federazione italiana medici di famiglia ha inteso proporre ricorso al Tar del Lazio con il quale ha chiesto l’annullamento del provvedimento dell’agenzia delle Entrate che include nel meccanismo degli studi di settore anche i medici di medicina generale. Nel ricorso la FIMMG ha sostenuto l’inapplicabilità della normativa in virtù della particolare natura del rapporto di convenzionamento con il Servizio sanitario nazionale che regola ogni aspetto dell’attività professionale dei medici di base. Il Tar del Lazio con la sentenza 9339 depositata il 3 settembre scorso ha respinto il ricorso presentato affermando che anche i medici di medicina generale devono essere sottoposti agli studi di settore. Per il Tar, infatti, le argomentazioni proposte “non appaiono idonee a ritenere l’illegittimità dell’applicazione degli studi di settore ai medici di medicina generale”, mentre “l’interesse pubblico alla individuazione dei contribuenti infedeli e delle fonti di reddito sottratte alla imposizione tributaria, appare prevalente rispetto alle difficoltà lamentate derivanti dall’applicazione dell’istituto in esame”. Ancora una volta assistiamo ad presa di posizione da parte dell’organo giudicante, a dir poco apodittica e nella sostanza priva di una reale giustificazione giuridica. Per stessa implicita ammissione della Agenzia delle Entrate gli studi di settore sono considerati ormai uno strumento obsoleto nell’ambito della lotta all’evasione. Oggi l’Amministrazione Finanziaria dispone infatti di una moltitudine di dati e di analisi che offrono la possibilità di intercettare le forme di evasione più sofisticate. Argomentare dunque la sentenza de quo con la tutela dell’interesse pubblico alla individuazione di contribuenti infedeli, appare dunque un mero esercizio giustificatorio mirato a non ammettere la sostanziale distorsione scaturente dall’applicazione di uno strumento rispetto ad una categoria il cui reddito professionale è ritratto, in media, per oltre il 90% dal Servizio Sanitario Nazionale cui sono legati da un accordo, stipulato a livello nazionale, che ne regola i rapporti, le funzioni ed i compiti. Maurizio Di Marcotullio (Consulente Tecnico della Commissione Fisco della FIMMG Nazionale)
1.385 2 minuti di lettura